Ragionare in termini di welfare innovativo e di genere significa intendere la persona nella sua complessità e interezza, non separandola in ambiti di competenza ma cercando integrazione tra gli aspetti sociali, sanitari ed economici, affinché tutte e tutti siano pienamente riconosciuti nel loro esercizio di cittadinanza, elemento fondante per la vita delle democrazie così come le politiche migratorie improntate al rispetto e alla dignità delle persone. L’articolo 10 della Costituzione prevede che uno straniero al quale nel suo Paese sia impedito di esercitare le libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d’asilo nel territorio italiano secondo le condizioni stabilite dalla legge. I restrittivi decreti Salvini hanno spinto nell’irregolarità migliaia di donne, uomini e bambini, portato all’abolizione della protezione umanitaria e alla restrizione del sistema per l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati (Sprar). In tale logica, risulta fondamentale tornare al sistema Sprar controllato e gestito dai Comuni in un’ottica di inclusione, riferendo il termine integrazione all’inserimento degli immigrati e organizzando un processo articolato di inclusione, a partire dalla scuola. Argomento più complesso riguarda l’integrazione femminile per le donne islamiche per le quali è estremamente necessario promuovere corsi di lingua personalizzati, non solo finalizzati all’apprendimento ma anche alla socializzazione che è il primo passo verso l’integrazione. A livello urbano, servono inoltre servizi di comunità per facilitare l’integrazione di donne e famiglie.
Altro tema da affrontare in fatto di welfare innovativo è quello relativo alla violenza di genere. L’applicazione del “Codice Rosso” dovrà essere supportata da un massiccio intervento istituzionale volto al:
- potenziamento delle misure restrittive e preventive;
- maggiore ordine di protezione delle vittime e della prole;
- maggiore qualità dei servizi di assistenza e protezione, prevedendo lo stanziamento di maggiori fondi per i centri antiviolenza e i servizi sociali;
- rilevazione precoce e interventi di protezione a favore di bambine e bambini vittime di violenza assistita;
- promozione della formazione di forze dell’ordine e servizi finalizzati ad una rilevazione tempestiva del rischio di escalation come forma di prevenzione del femminicidio.
Il lavoro sulle misure cautelari e sulla risoluzione di situazioni purtroppo già in atto devono essere supportate da misure culturali, lavorando su più fronti al fine di prevenire e modificare la società a partire dalla base. Propedeutiche a combattere la violenza dovranno essere inoltre tutta una serie di attività e di progetti specifici tra cui percorsi finalizzati al recupero degli uomini maltrattanti per interrompere la catena della violenza intergenerazionale. Fondamentale per garantire una governance territoriale che possa effettivamente costituire uno strumento di contrasto alla violenza maschile sulle donne è l’aggiornamento della legge regionale n. 59 del 2007 che necessita di essere rivisitata rispetto alla successiva produzione normativa e che può consentire un miglioramento della governance al fine di garantire a tutti i territori le stesse opportunità.
Welfare innovativo significa anche riflessione in merito al grande tema “tempi di vita e di cura” e alla figura del caregiver. Nonostante questa figura sia di fondamentale importanza, il suo ruolo nella società non è ancora oggi riconosciuto. A differenza di altri Paesi europei, i caregiver italiani non hanno un riconoscimento giuridico né tutele e tantomeno un nome che li individui nella nostra lingua. I caregiver familiari si prendono cura – in modo gratuito, continuativo e significativo – di familiari non autosufficienti a causa di importanti disabilità. Nella stragrande maggioranza dei casi, i caregiver sono donne che svolgono questo ruolo a tempo pieno. Sarebbe quindi importante che la Toscana, con un piano mirato per questa tipologia di persone, fosse in grado di:
- supportare nell’accesso alla rete dei servizi e delle attività degli Enti i caregiver;
- fornire un’informazione puntuale ed esaustiva su tutte le problematiche di cui soffre la persona assistita, sui bisogni essenziali e sulle cure necessarie;
- fornire una formazione a tutti i livelli, dall’analisi dei bisogni specifici all’attivazione di un percorso adeguato e personalizzato;
- monitorare l’impatto delle funzioni di cura sul caregiver stesso, anche con specifico sostegno psicologico;
sostenere economicamente con voucher i caregiver sia per sostituzione temporanea che per il tempo libero;
supportare e fornire assistenza in caso di emergenza; - riconoscere le competenze acquisite in accordo con le aziende sanitarie locali.
La questione della conciliazione dei tempi di vita e della cura è estremamente complessa poiché chiama in causa i rapporti e le relazioni tra i generi, che continuano ad essere iscritti in una società maschilista, in cui, come confermano i dati Istat, le ore che le donne dedicano a tali attività sono sempre maggiori rispetto agli uomini. Il che manifesta il permanere di uno squilibrio di genere, purtroppo ancora considerato naturale o addirittura neppure rilevato. È questo il contesto da cui dobbiamo partire per creare una dimensione politica femminista ed evitare che le politiche e gli interventi in tali ambiti si risolvano in un boomerang, relegando sempre più le donne nel ruolo di “curatrici”. È questo lo sguardo che dobbiamo tenere fisso per costruire davvero percorsi di libertà e opportunità per tutte e tutti. Con questo approccio dobbiamo affrontare la questione del caregiver, per evitare che il riconoscimento giuridico di tale figura si trasformi per le donne in una istituzionalizzazione del loro ruolo di dispensatrici di cura, costringendole ad un ambito domestico e ristretto.
Sarà possibile parlare di welfare innovativo solo se si riuscirà a pensare alla progettazione di interventi culturali in grado di scardinare stereotipi e pregiudizi di genere che ancora confinano donne e uomini in ruoli e percorsi prestabiliti. A tal fine, è fondamentale tornare a finanziare la legge 16/2009 che ha come obiettivo il contrasto agli stereotipi di genere e la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro. Le attività di contrasto agli stereotipi di genere svolgono anche l’importante ruolo di prevenzione della violenza, andando a riconsiderare i percorsi formativi dell’identità maschile e femminile.
Tra le nuove forme di sostegno all’autonomia delle persone, un punto importante riguarda le famiglie e in particolare le donne con figli: i giovani fanno sempre meno figli a causa delle difficoltà economiche e per la mancanza di misure di welfare in grado di dare risposte in termini di cura dei figli. Le donne pagano il prezzo più alto e spesso sono chiamate a scegliere tra il lavoro e la cura dei figli. Per questo motivo, è opportuno finanziare servizi di babysitting e/o asili nido gratuiti, così da non dover richiedere, in particolare alle mamme, di rinunciare a opportunità di lavoro preziose per la loro realizzazione personale e la loro indipendenza.
Proposta innovativa in questo ambito sono gli spazi di coworking. Il coworking è un modello di lavoro caratterizzato dalla condivisione di spazi lavorativi con altre persone, spesso libere professioniste o lavoratrici autonome. La diffusione del lavoro agile potrebbe renderli luoghi importanti per condividere spese comuni quali elettricità, strumenti informatici, riscaldamento e anche servizi di babysitting per figlie e figli di tutte le età. Altro punto fondamentale per i tempi di vita è la gestione del tempo legato alla genitorialità durante la chiusura delle scuole. In tal senso, sarebbe interessante un investimento sull’implementazione e l’operatività dei centri estivi e un ripensamento di questo tempo in modo da conciliare l’esigenza dei bambini e dei ragazzi. Infine, un’attenzione maggiore deve andare a tutte le madri e i padri che spesso in solitudine gestiscono situazioni non semplici legate alla disabilità del/la proprio/a figlio/a. Anche su questo serve un maggiore investimento in personale specialistico ed educatori domiciliari oltre a percorsi chiari e riconoscibili in cui tutti gli attori in campo devono operare in sinergia per sostenere la famiglia e il minore. Il welfare innovativo è inoltre cruciale per dare risposte alla tante forme del fare famiglia: famiglie monogenitoriali, ricomposte, miste, solidali tra anziani, omogenitoriali. Tutte soggettività che devono avere diritto di cittadinanza e riconoscimento di pari opportunità attraverso servizi, misure di protezione sociale e risorse.
Altro tema fondamentale è quello del welfare giovanile. I giovani di oggi vivono sospesi tra un presente complesso e un futuro incerto e sono consapevoli che la formazione è necessaria per entrare nel mondo del lavoro ma di frequente questa non viene loro offerta. Molti, terminati gli studi obbligatori, o per mancanza di attitudine allo studio o per motivi economici, decidono di tentare l’ingresso nel mondo del lavoro ma questo risulta complicato perché nella maggior parte dei casi viene richiesto il requisito dell’esperienza per essere assunti. Come possiamo pretendere che una ragazza o un ragazzo abbiano esperienza se nessuno permette loro di farla? Ecco che diventa complicato il salto nel mondo degli adulti. Una Regione che investe sui giovani e sulla loro autonomia è una Regione che guarda al futuro: per questo abbiamo fortemente bisogno di politiche attive in questa direzione, capaci di dare risposte serie e concrete e non di carattere assistenziale, attraverso progetti formativi che consentano l’acquisizione di competenze. Riflettori accesi anche sulle “nuove forme di partecipazione”. Per la biologia e la medicina è anziano chi ha raggiunto un determinato livello cronologico di età, generalmente indicato intorno ai 60 anni. Ma la legge italiana in questo momento ci fa lavorare per molti altri anni ancora, quindi tutte/i siamo attive/i o quasi, se non malati. Ciò significa che è necessario e strategico favorire, anche con finanziamenti mirati, progetti di aggregazione per svolgere attività culturali e ricreative.
Parlare dei giovani, infine, significa parlare anche dei percorsi di vita dei ragazzi e delle ragazze con background migratorio e della necessità di trovare una risposta rapida e giusta al diritto alla cittadinanza.